domenica 20 marzo 2016

Il mondo fino a ieri - Il primo incontro tra gli abitanti guineani e gli europei



La capitale della Papua Nuova Guinea è Port Moresby. Nel 1964 ancora si trovava sotto l'amministrazione australiana. Gli Australiani erano penetrati nel territorio per la prima volta nel 1931 e avevano scoperto gli altipiani della Nuova Guinea, popolata da un milione di abitanti ancora dediti all'uso di utensili di pietra. Il primo impatto con la popolazione indigena fu tragico: i guineani alla vista degli uomini bianchi (europei) iniziarono a piangere spaventati. Essi erano infatti ignari, fino a quel momento, dell'esistenza di un mondo esterno. I guineani vestivano con gonnellini di foglie, borse di rete e copricapi di piume di uccello. Così erano apparsi per la prima volta alla spedizione olandese che li incontrò. Nel 2006 (dopo poco più di 70 anni dal primo incontro con i bianchi) i guineani indossavano la solita tenuta standard internazionale a base di t-shirt, calzoni, gonne, pantaloncini e berretti. Nell'arco di un paio di generazioni avevano imparato ad usare i computer e la scrittura. Erano i primi guineani ad essere stati alfabetizzati. E pensare che nel 1931 non esistevano le moderne tecnologie, né le scuole né il denaro!
La domanda che ci facciamo tutti é come sia possibile che una popolazione priva di scrittura, nell'arco di una generazione possa impadronirsene? 
Nel 1931 era impossibile vedere guineani provenienti dall'altopiano, dal mare e dalle isole mischiati insieme. Nel 2006 Jared Diamond, appena atterrato all'aeroporto di Port Moresby, rimane sconvolto alla vista di numerosi guineiani che avevano acquisito la stessa tipologia fisica americana: individui sovrappeso con pancia da birra. Solo 70 anni prima, grazie alle foto scattate, si può notare come non appare un solo individuo sovrappeso ma tutti snelli e muscolosi. Dopo poco più di settanta anni essi avevano ereditato tutte le malattie tipiche delle società del benessere: diabete legato a problemi ponderali, ipertensione, malattie cardiache, infarto e cancro. Nel 1931 i contatti fra estranei erano rari, pericolosi e tendenti a generare violenza. Nel 2006 sebbene fossero presenti due poliziotti all'aeroporto incaricati di mantenere l'ordine pubblico, nessun guineiano si sentiva minacciato dalla presenza di individui provenienti da altre zone del paese. Nel 1931 polizia e autorità statali non esistevano di certo e solo arrischiarsi ad allontanarsi di poco meno di 20 km dal proprio territorio significava un atto di ostilità nei confronti dei popoli confinanti e quindi un forte rischio di essere uccisi! 
In questi 75 anni la popolazione ha vissuto dei cambiamenti che per il resto del mondo si sono verificati in 11.000 anni di evoluzione. I territori erano divisi in gruppi confinanti, tutti conoscevano il nucleo della propria area e si intendevano abbastanza della propria fascia territoriale. Nel 1492 gli europei iniziarono a spargersi in tutto il mondo è a scoprire popolazioni non contattate. Fra il 1930 e il 1950 pattuglie di perlustrazione di governi di Olanda e Australia scoprirono in Nuova Guinea un milione di individui dei quali il mondo esterno non sapeva l'esistenza e viceversa.

I primi incontri tra abitanti ed europei sono stati descritti in tre libri: " FIRST CONTACT", quale vengono raccontate le ricognizioni effettuate dai ricercatori Michael Leahy, Michael Dwyer e Daniel Leahy: i primi bianchi a penetrare tra il 1930 e il 1935 in alcune valli intensamente popolate. Il secondo libro è la cronaca scritta dallo stesso Michael Leahy, dal titolo "Explorations into Highland New Guinea (1930/1935)"; il terzo "The Sky travelers" in cui Bill Gammage parlò della missione monomatica australiana condotta da Jim Taylor e John Lek che nel 1938 e 1939 attraversò a piedi la parte occidentale degli altipiani guineani. La cosa interessante di questi volumi è che si soffermano sull'effetto che il primo contatto con i bianchi fece sugli indigeni ( di cui possiamo vedere le immagini in allegato).
Considerando che presso le società tradizionali la conoscenza del mondo al di là delle zone confinanti è quasi nulla, non c'è da stupirsi se gli abitanti degli altipiani interni della Nuova Guinea non solo non erano a conoscenza dell'esistenza di altri esseri umani ma addirittura non avevano mai visto o sentito parlare del mare, distante in alcuni punti, solo 80 km da loro!
I guineani che negli anni 80 avevano già superato la settantina ricordavano perfettamente la prima volta in cui nel 1930 avevano visto comparire i bianchi della spedizione Leahy e Dwyer. Ecco ciò che riferì uno di essi: "All' epoca questi uomini più grandi (indicando due anziani), che adesso sono anziani, erano giovani, non ancora sposati. Non si facevano ancora la barba. Fu allora che arrivarono i bianchi... Io ero terrorizzato, non capivo più niente e piangevo disperato. Mio padre mi prese per mano e andammo a nasconderci dietro l'erba kunai altissima. Poi lui si alzò a spiare gli uomini bianchi... Quando se ne andarono, la gente (noi guineani) si mise seduta e cominciò a creare delle storie. Non sapeva niente degli uomini con la pelle bianca. Non avevamo mai visto posti lontani. Conoscevamo solo questo lato della montagna e pensavamo di essere l'unico popolo vivente. Credevamo che quando una persona moriva la pelle diventava bianca e superava il confine di "quel posto"... il posto dei morti. Così, quando arrivarono i forestieri pensammo "Oh, non sono uomini di questo mondo. Non uccidiamoli, sono nostri parenti. Quelli che sono già morti sono diventati bianchi e sono tornati."  Per i guineani le popolazioni estranee erano come dei familiari, e si chiedevano se fossero esseri umani oppure creature che abitavano il cielo, esseri immortali, spiriti o fantasmi ancestrali che ogni tanto tornavano sulla terra nelle spoglie mortali con la pelle bianca o rossa. I Guineiani osservavano con molta attenzione gli Europei, studiandone i comportamenti e i resti che lasciavano una volta dismessi gli accampamenti. Solo due scoperte convinsero i guineani che quelle creature fossero esseri umani: le feci che lasciavano nei campi e i racconti delle donne offerte agli europei.
La domanda che ci siamo fatti è la seguente: È' stato veramente un bene che queste popolazioni abbiano incontrato il mondo fino ad allora sconosciuto? Cosa ne sarà della loro sapienza millenaria, del loro modo di vivere in armonia con la natura, delle loro tradizioni? Verranno anch'esse risucchiate dal vortice della modernità?
Matteo Santucci e Marika Papili 3B

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